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Pietro INGENITO

La Valle dei Mulini

Aggiornamento: 16 nov

Premessa:

Prima di occuparci dei Mulini della Valle è opportuno riportarsi al tempo in cui questo territorio era il confine Nord della Repubblica Marinara di Amalfi. Che gli storici fanno risalire alla metà del IX° secolo la nascita e la sua decadenza a metà del XII° secolo.

Circa trecento anni di Storia in cui un piccolo territorio riuscì a competere con le altre Repubbliche Marinare Italiane (Genova, Pisa e Venezia) molto più grandi e potenti.

I confini di Amalfi si estendevano a Cetara, a Positano, compresa l’isola di Capri e l’arcipelago de Li Galli e verso l’interno, oltre i Monti Lattari, fino a Gragnano, in provincia di Napoli. 

In questi tre secoli sul versante Nord fu realizzato un sistema difensivo che comprendeva il Castello di Lettere, la Rocca sul monte Pendolo, il Castello di Gragnano (che da il nome all'omonimo borgo) e il Castello di Pino, per tenere sotto controllo la piana del Sarno che va dal Vesuvio fino ai piedi dei Monti Lattari e anche una buona parte del golfo di Napoli. La Valle dei Mulini trovandosi nelle immediate vicinanze del Castello di Gragnano, era il borgo dove i mugnai tornavano dopo aver lavorato ai Mulini.


Precisazione:

Questo documento è frutto di un lavoro fatto dai volontari del Centro Storia e Cultura dei Monti Lattari "Alfonso Maria Di Nola" che con la loro assidua presenza nella Valle dei Mulini di Gragnano tendono alla sua valorizzazione e sensibilizzazione in primis presso i nostri concittadini, ma anche per far conoscere questo distretto industriale "ante litteram" al mondo intero.


Perché riteniamo che un luogo in cui Storia, Ecologia, Tecnica ed Attività Industriali hanno convissuto per otto secoli non debba essere tenuto ancora nascosto. Non significherebbe sprecare solo una opportunità turistica senza pari e di conseguenza pregiudicare un futuro occupazionale alle nuove generazioni, ma anche negare il merito e il giusto riconoscimento a coloro che tanti secoli fa con il loro ingegno e lavoro usando attrezzi approssimativi, realizzarono una meraviglia del genere. Un'opera che con tutte le nostre moderne tecnologie non riusciamo nemmeno a manutenere.


Per questo motivo andremo avanti fino a quando non troveremo altre persone che dimostrino di poterci sostituire avendo lo stesso spirito e passione che abbiamo dimostrato noi con tutti i nostri limiti.


Nascita dei Mulini.

Il territorio dei monti Lattari è da sempre un’area ad alta piovosità con la presenza di molte sorgenti di varie capacità, da cui partono vari torrenti e ruscelli. Erano queste caratteristiche climatiche e morfologiche che permettevano nel passato l'approvvigionamento energetico ma che vincolava la localizzazione delle attività nei pressi dei corsi d’acqua.

Intercettare, incanalare e utilizzare questa acqua per trasformarla in forza motrice, fu la geniale intuizione degli ingegneri del tempo, in altre parole, si ipotizzò di sfruttare la pendenza naturale del territorio e lasciare alla forza di gravità il compito di far passare l’acqua in modo sequenziale agli altri mulini costruiti più a valle ma a quote inferiori.

Anche se i mulini ad acqua erano già utilizzati nell'antichità, ebbero la loro massima diffusione durante il Medioevo. Il loro sviluppo avvenne parallelamente alla fine della schiavitù a partire dal IX° secolo. L’utilizzo dell’energia idraulica al posto di quella animale o umana permise un aumento della produttività senza precedenti. L'energia prodotta dalla ruota idraulica di un mulino di medie dimensioni poteva macinare circa 50 kg di grano in un’ora. Il movimento generato dalle ruote idrauliche fu utilizzato per molteplici usi fino all'avvento dell'era industriale:

  • per la macinatura dei cereali (l’utilizzo più antico);

  • per il funzionamento delle segherie (nel settore forestale);

  • per azionare telai (nell'industria tessile);

  • la lavorazione dei metalli (per azionare macine, forge e martelli per forgiatura);

  • la produzione della carta (dal XIII al XVIII secolo quando l’energia del mulino veniva utilizzata per sfibrare gli stracci azionando mazze e martelli dotati di punte).

I Mulini per la macinazione dei cereali furono certamente le prime applicazioni pratiche del movimento rotatorio, ma l'energia cosi ottenuta consentì anche di automatizzare altre attività che avevano bisogno di operazioni continue e ripetitive: la tessitura, la macerazione degli stracci e la fabbricazione della carta, attività questa di notevole importanza se si pensa che fino all'Ottocento si contavano nella Valle delle Ferriere sul versante Amalfitano ben quattordici fabbriche in funzione. Ancora oggi la Cartiera di Amalfi è in attività e produce una carta molto bella e ricercata.


Pendenza & Acquedotto:

Il principale capolavoro dell'intera Valle, che ad un turista distratto può sembrare un semplice elemento accessorio per il funzionamento dei mulini è certamente l'acquedotto e il salto idraulico disponibile e la potenza del gettito di acqua.

Dal modo con cui furono costruiti i mulini e dall'ottimizzazione degli spazi, si può ritenere che per tutti i Mulini della Valle si trattò di un progetto unico. Se non proprio tutti, almeno per i primi nove mulini poiché hanno identiche caratteristiche tecniche per dimensioni delle strutture.


Per comprendere bene il sistema di funzionamento idraulico della Valle dei Mulini di Gragnano bisogna tenere presente che tutto fu possibile grazie ad una pendenza ottimale del territorio su cui furono costruiti una serie di Mulini in sequenza a quote diverse, collegati tra loro da un canale / acquedotto e azionati dalla forza della pressione dell'acqua contenuta in enormi serbatoi che erano parte integrante e funzionale dei Mulini stessi. La pendenza del territorio consenti ad abili ingegneri la costruzione di numerosi edifici con all'interno meccanismi azionati dalla forza di impatto dell’acqua contro le alette di una ruota “retricine” che iniziava a girare.

La pressione dell'acqua, in questi pozzi fuori terra tutti uguali tra loro, avrebbero azionato le macine dei mulini in sequenza, distanziati in altezza di uguali misure tra di loro, così da disporre di una serie di Mulini e conferirgli delle equivalenti capacità produttive.

La pendenza minima del canale/acquedotto era studiata per far scorrere molta acqua ma a bassa velocità, evitandone l a fuoriuscita in caso di maggiore pendenza. Questa esigenza di tenere bassa la velocità dell’acqua comportò di adattare la pendenza del canale a quella naturale della valle, che oscilla intorno ad un 5,5% in media. Questa differenza di pendenza sui vari tratti, spiega il perché di una distanza tra i mulini non uniforme, ma in funzione del luogo dove furono costruiti. Come già in precedenza è stato detto, occorreva mantenere lo stesso salto idraulico tra i mulini per ottenerne delle equivalenti capacità produttive. Quindi, dove la pendenza era minore i Mulini furono costruiti più distanti e dove, invece, la pendenza era maggiore, i Mulini furono costruiti più vicini tra di loro.

Il canale/acquedotto fu costruito in muratura per garantire il mantenimento della stessa portata d’acqua e fu adattato alla morfologia del territorio con forme e dimensioni diverse per non ridurne la capacità di portata dell’acqua. Si trattava di canali a "pelo libero" cioè senza copertura per garantire la percorribilità lungo tutto l’itinerario per le esigenze manutentive e soprattutto per tenerlo sgombro dai detriti e dai rami in caduta dalle pareti della Valle, che avrebbero ostacolato il passaggio dell’acqua, compromettendo il funzionamento del mulino successivo e ma anche quelli più a Valle.


Funzionamento:

Il principio di funzionamento in serie dei mulini, era valido perché l'acqua in uscita alla base di un Mulino, come nuova posizione, poteva sfruttare la pendenza del canale (rivestito in cocciopesto prevalentemente a sezione rettangolare che seguiva l'andamento delle rocce, adattandosi all'orografia dei luoghi), per raggiungere l'ingresso a monte del successivo Mulino e così di seguito, per tutti gli altri posti più a valle ma sempre costruiti ad una quota minore rispetto al precedente che tenesse conto della pendenza dell’1% del canale in arrivo e della necessita di avere a monte di ciascun mulino un serbatoio alto 8 metri per garantire la pressione necessaria a far girare la macina.


La posizione dove costruire il Mulino era determinata dalla sua altezza, a cui veniva aggiunto il dislivello dal Mulino precedente che permettesse la realizzazione di un canale di arrivo con leggera pendenza. Ma anche per fare in modo che il canale in uscita potesse alimentare quello più a valle nelle stesse condizioni. Fu quindi la pendenza naturale del territorio l'elemento cardine su cui poggiava l'intero sistema idrico della Valle dei Mulini. La forza di gravità faceva scorrere l'acqua da un mulino all'altro dopo che aveva dato moto alla macina. Mulini:

Il mulino era l’involucro di una macchina idraulica, costruito con la tecnica e i materiali

dell’epoca e la sua forma non era una scelta estetica ma un’esigenza tecnica. Conteneva le tecnologie tra cui fondamentale macchina idraulica che ne determinò le dimensioni

strettamente necessarie al suo corretto funzionamento.

La capacità produttiva dei mulini era strettamente correlata ala forza motrice disponibile, che a sua volta era in funzione della quantità di acqua in uscita dalla sorgente. Quindi le stesse dimensioni dei mulini erano dovute all'elemento principale che dava il moto alle macchine. Non avrebbe avuto senso costruire grandi macine, se poi mancava l’energia necessaria per farle muovere, a tale riguardo è utile ricordare che l’acqua veniva presa direttamente alla sorgente che ovviamente aveva un andamento stagionale. Questo vincolo non derogabile portò alla costruzione di piccole unità produttive se confrontati a quelli presenti in altre aree d'Italia. Per rimediare in qualche modo a questa situazione furono costruiti più mulini sul percorso e cioè fu reso possibile dalla distanza di 6 km della sorgente dal mare e con una pendenza più o meno omogenea del 5%.


Il Mulino era composto da tre elementi principali:

  1. Dal serbatoio, in pratica un pozzo fuori terra (Torre) tenuto sempre pieno d'acqua.

  2. Dal sotterraneo denominato “carcerario” e al suo interno si trovava la turbina idraulica orizzontale o a “retricine”, il cui movimento era fornito dalla forza di impatto dell’acqua in uscita dall'ugello posto alla base del serbatoio.

  3. Dal locale della molitura, al piano terra dove era posizionata pietra “mollaria”.


Aspetti tecnici:

I mulini di Gragnano non si possono definire fluviali nel senso letterale del termine perché il primo mulino si trovava direttamente sotto una sorgente da cui partiva tutto il circuito. Erano mulini a ruota orizzontale, maggiormente diffusi nell'area del sud Europa, nei paesi mediorientali e del nord Africa dove la disponibilità di acqua era limitata rispetto ai mulini a ruota verticale presenti sui grandi fiumi del centro / nord Europa.

Il sistema idraulico di un mulino per funzionare doveva rispettare alcuni parametri tecnici, inderogabili e interdipendenti tra loro, che servivano a generare la pressione (forza cinetica) necessaria a far muovere la macina superiore del peso di circa 1,5 quintali (q.li). La parte più tecnologica del Mulino era il "pozzo fuori terra" che aveva una funzione molto importante di "equilibratore volumetrico" come vedremo in seguito. Per ottenere questa forza di impatto dell'acqua contro le alette della ruota motrice, la colonna d'acqua contenuta nel pozzo fuori terra (Torre) non doveva essere inferiore a 8 metri di altezza. Il diametro del foro (ugello da 21 cm) di ingresso dell’acqua nel locale detto carceraria, dove era posta la ruota motrice, era il punto terminale di una canalizzazione a riduzione progressiva della sezione che partiva dalla base del pozzo e che regolava di fatto la quantità e la velocità di acqua che andava ad azionare la turbina “retricine”, circa 25 Kmh ad una portata di 7 m³ al minuto.

La Forma La Mena Grotticella Lo Monaco

 

Pozzo fuori terra:

A prima vista il pozzo potrebbe sembrare solo un contenitore di grandi dimensioni. Ma non è cosi, occorre considerare che la capacità di carico era distribuita in altezza e non in orizzontale. Oggi potrebbe sembrare una differenza insignificante ma se pensiamo alle tecniche di costruzione di quel periodo, possiamo facilmente capire che sarebbe stato molto più semplice costruire una vasca lunga e larga ma poco profonda al posto di un pozzo fuori terra di una certa altezza.


Questa esigenza di costruire un cilindro in altezza e non una vasca in orizzontale, ci fa comprendere che il serbatoio non era un semplice accumulo di acqua, ma l'unico modo possibile perché il peso di questa acqua generasse una forte pressione alla base, che poi veniva diretta contro le pale della turbina.


Solo 3 secoli dopo un matematico olandese Simon Stevin nei suoi studi di idrostatica affermò che la pressione (peso/forza) di un liquido sul fondo del recipiente che lo contiene dipende dalla sua area, dalla misura in altezza della colonna del liquido e dalla sua gravità specifica, mentre è indipendente dalla forma e dal volume.


A questo punto bisogna tenere presente che il dimensionamento di un mulino era in funzione del suo utilizzo e quindi conoscere la forza cinetica necessaria a far muovere le macine era la cosa più importate. Il tutto era costruito per vincere l'attrito delle due macine in pietra sovrapposte e del meccanismo in legno di servizio per farle girare.


Sappiamo che le macine avevano mediamente un diametro di 1,25 mt e che il peso di quella superiore era di circa 1,5 q.li, ma non possiamo sapere l'attrito del meccanismo in legno in quanto non conosciamo bene le tecniche costruttive.


L'altezza, il diametro del serbatoio e il diametro dell'ugello (foro di uscita dell'acqua) erano parametri fondamentali al funzionamento dei Mulini che nella valle hanno forme diverse ma

tutti con le caratteristiche simili. Quindi l'altezza del serbatoio era di estrema importanza perché non poteva essere inferiore a 8 metri (sotto i quali non si sarebbe creata la giusta pressione) ma neanche superare i 8 mt di altezza, perché come dimostrato in laboratorio con tesi sperimentale, un'altezza maggiore avrebbe generato un'uscita "turbolenta" dell'acqua e quindi un getto con una forza di impatto minore minore selle alette della ruota idraulica e avrebbe generato anche forti vibrazioni su tutto il serbatoio e sulle pale provocando danni alla staticità del Mulino.


I serbatoi avevano una capacità da 50 a 85 m³ (ogni metro cubo di acqua equivale a una tonnellata). Questa quantità di acqua uscendo attraverso l'ugello con il diametro di 21 cm, avrebbe fatto girare la macina solo per pochi minuti rallentando progressivamente, fino a quando si sarebbe completamente fermata.


Gli ingegneri del tempo per ovviare a questo problema. Realizzarono un raccordo tra la quantità in uscita nella carceraria con quella immessa alla sommità del serbatoio. Con questo "RABBOCCO CONTINUO" il serbatoio era tenuto sempre pieno per garantire la pressione costante in uscita. Avevano di fatto inventato un compressore utilizzando solo la forza di gravità.


Le Torri all'interno sono tutte cilindriche, la forma esterna trapezoidale è dovuta ad un aspetto importante che rende i Mulini di Gragnano qualcosa di tecnologicamente molto avanzato tanto che oggi risulta difficile capire come al tempo della loro costruzione gli ingegneri avessero queste conoscenze tecniche. I contrafforti in muratura non furono realizzati su tutta la circonferenza esterna del serbatoio, ma solo nella parte opposta all'uscita dell'acqua attraverso l'ugello.


Questi rinforzi furono realizzati per contrastare la reazione d'efflusso che si genera in un recipiente sulla parete opposta da dove c'è il foro di uscita. Una forza di spinta che avrebbe creato problemi alla staticità del Mulino se non affrontato e risolta con la costruzione di questi contrafforti. Per rendere comprensibile l'idea di questo fenomeno fisico pensiamo al motore di un aereo a reazione che spinge nella direzione opposta da dove esce l'energia utilizzata per farlo volare.


Quasi sicuramente queste scelte non furono il frutto di calcoli ma si arrivò a queste soluzioni in modo empirico come per altre scelte del passato. In fondo molte delle nostre attuali conoscenze sono il frutto di passate esperienze fatte nel corso dei secoli.


Morfologia del territorio & Altitudine: Dal primo Mulino immediatamente sotto la sorgente Forma fino all'ultimo Mulino rimasto in Valle (zona del Presepe) c’é un dislivello di 120 mt. su la distanza è di 2,1.Km con una pendenza media del 5,5% e in questo tratto furono costruiti 13 Mulini che sono quelli rimasti di un sistema che ne contava almeno 20 fino al mare di Castellammare. La distribuzione sul territorio fu fatta tenendo conto delle esigenze tecniche e nell'ottica di ottimizzare degli spazi disponibili, che al tempo erano alla base dell’efficientemente produttivo.


Conclusione:

Motivo di orgoglio per il nostro territorio:

Leonardo da Vinci è nato nel 1459. I mulini di Gragnano sono del 1266. L'Italia deve moltissimo al genio del GRANDE Leonardo, ma qui fu realizzato un sistema idraulico perfetto due secoli prima della sua nascita e questo è un dato di fatto.


Non il singolo Mulino in uso alla comunità locale ma un sistema di ECOLOGIA INDUSTRIALE, attivo dal 13° secolo, dove si macinava grano in grandi quantità

utilizzando la forza di gravità e il più naturale degli elementi, per azionare le macine. L'ACQUA che alla fine del percorso tornava nell'alveo senza interrompere il suo ciclo naturale che è la vita sul nostro pianeta. 


Gli storici dell'economia affermano concordemente che lo sviluppo delle tecnologie rese possibile il grande balzo dall'Età Medievale all'Età Moderna e creò le premesse per la Rivoluzione industriale, sia da collocare agli inizi del XVII secolo. Questa tesi si basa sulla considerazione, peraltro corretta, che lo sviluppo tecnologico esplose solo dopo la rivoluzione scientifica con la quale Copernico, Keplero, Galileo Galilei, Cartesio, Boyle, Newton e molti altri cervelli inquieti demolirono le vecchie credenze e le sostituirono con conoscenze rigorosamente basate sull'osservazione della realtà. I mulini di Gragnano costituiscono una rarissima prova del fatto che, anche prima di quella svolta, l'ingegno umano aveva dato vita a cambiamenti tecnici di enorme portata per l'economia di quei tempi.

(Sergio Troiano)


Un segno che anche nei secoli bui del suo passato l'uomo non ha mai smesso di usare l'ingegno per realizzare opere al fine di migliorare le proprie condizioni di vita.

I Volontari della Valle dei Mulini.

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THE END

A very interesting object from a historical point of view for the Valle dei Mulini. Guilty or innocent, can an object be accused of...

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